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05

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«Era l’unica scema a fare le cose che voleva fare»

Trovare un punto di equilibrio tra «sapere» e «non sapere» è difficile. Sapere ciò che fanno gli altri è importante, ma è importante anche non sapere: perché gli altri, spesso, rischiano di mandarti in confusione.

Pubblicato il 23 Gennaio 2019

Quando quattro anni fa Enrica è passata dal regime dei minimi al regime ordinario come partita IVA è successa una cosa che prima non succedeva, ed è successa di colpo, tutta in una volta. Ha iniziato a dare tantissimo peso e a preoccuparsi tantissimo di quello che facevano gli altri – dove gli altri erano i suoi colleghi e i suoi concorrenti.

Improvvisamente era come se si fosse dimenticata di tutto quello che voleva fare e che aveva trascorso anche già un paio d’anni a costruire. Ad esempio Enrica aveva già deciso di voler fare soprattutto formazione, però durante quel passaggio ha ripreso a fare tantissime consulenze. Perché? Perché gli altri facevano consulenze.

Era come se si sentisse l’unica scema a fare le cose che voleva fare, l’unica a voler improntare il suo lavoro nel modo in cui piaceva a lei. Un modo diverso da quello di tutti gli altri, che però era il suo modo e che aveva già incominciato a funzionare.

In questa puntata parliamo proprio di questo: degli altri, del peso che hanno, del peso che gli diamo e del peso che dovrebbero avere.

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Commenti 5

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  • Siamo animali sociali e ci sta che gli altri ci condizionino, quello che mi aiuta è pensare che se sono arrivata a fare quello che sto facendo è perché è quello che posso e/o voglio fare in questo momento e confrontarmi con altri apparentemente “simili” è un’ illusione di aiuto, come dite giustamente deve essere qualcuno di diverso e con competenze specifiche per la situazione, se proprio devo. Poi è anche temperamento, in passato rendevo a idealizzare molto il prossimo, quando ho aumentato la mia autostima questa tendenza è diminuita. Grazie perché è molto utile riflettere su certi argomenti e sentire “a che punto” sono.

  • Giusto un commento alla puntata che, non dire esattamente il perché dato che ci sto ancora pensando, mi è apparsa la più “debole” sinora.

    È un po’ come se non siate riusciti a coniugare in maniera compiuta, come riuscito nelle precedenti puntate, il dualismo tra aneddoto personale e considerazioni a carattere generale.
    Detta diversamente, la chiacchierata mi è apparsa slegata dal titolo … spero di riuscire a trasmettervi quello che intendo =)

  • Grazie infinite per questo podcast. Sono così rassicurata da questa vostra esperienza che avete condiviso. Sono convinta infatti che la prima cosa su cui ognuno di noi debba lavorare sia proprio la nostra consapevolezza e la chiarezza di obiettivi e di direzione, molto di più che sulla conoscenza della concorrenza. Ma in giro vedo ancora un sacco di consulenti che puntano sul’analisi della concorrenza come punto cruciale da cui partire per impostare una qualsiasi strategia. Che si studi la concorrenza per copiarla o per distinguerci da essa, non ha comunque molto senso studiarla perché non è la concorrenza che ci deve guidare nelle nostre scelte. Voglio dire che si mi voglio distinguere dal concorrente Pinco Pallo lo farò in virtù dei miei reali caratteri distintivi e del mio vantaggio competitivo che difficilmente altri possono replicare. Credo che studiare la concorrenza possa semmai servire ad avere delle conferme, delle intuizioni. Che ne pensate? DOMANDA per Erika: come si scrive “rent”? è un acronimo? L’ho cercato su internet ma non lo trovo nell’accezione che hai descritto tu. Mi interessa approfondire questo tema. Grazie mille

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