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Enrica Crivello

Perché i clienti non comprano

Dice: i clienti non comprano, aiuto, come faccio, sono disperato. D'accordo, d'accordo: ma prima l'hanno fatto il percorzo oppure no?

Perché i clienti non comprano? «Eh ma come si fa a rispondere, ci sono una marea di risposte possibili» direte voi – e avete ragione. Ma quando un cliente arriva lamentandosi che «non comprano, non sta funzionando» noi dobbiamo partire a caccia del problema, non importa quanto è sconfinata la marea di risposte da scartare. E tutte le ricerche – persino quelle più difficili, lunghe, spericolate, partono da un primo passo. Ecco: in questo post diciamo qual è il primo passo che facciamo quando ci imbarchiamo in una di queste spedizioni. Pronti? Andiamo.

A volte i clienti non comprano perché quello che vendi non è fatto per loro

Più o meno sei anni fa ricevetti la mail di un’artigiana che vendeva un prodotto su cui ora non ha senso dare dettagli. Immaginatevi la scena: mi arriva questa mail, la apro, dentro c’è una richiesta di aiuto tipo non-sto-vendendo-non-capisco-cosa-succede. Lo ricordo come fosse ieri. Ero nel mio ufficio in casa ricavato nella nicchia della camera da letto – la scrivania troppo piccola per contenere sia il computer sia i quaderni, la sedia troppo vintage per non dico essere ergonomica, ma almeno comoda. Stavo per staccare quando, appunto, arriva la mail. E io mi dico dai, rispondo ancora a questa. Ma non prima di aver fatto quello che faccio sempre in questi casi: guardo di cosa si tratta. Clic sulla firma, entro nella Pagina Facebook, ed ecco sfilarmi davanti agli occhi una marea di prodotti con le loro varianti di colore e i loro prezzi.

Questa cosa di guardare il prodotto prima di rispondere a qualsiasi mail, come dicevo, la faccio sempre. Mi è capitato di farla di recente mentre ero con una cliente. In una pausa dal lavoro che stavamo facendo insieme ognuna rispondeva alle sue mail. «Ma ti piacciono queste cose?», mi ha chiesto davanti a una sfilata di prodotti, e io le ho detto qualcosa come boh, non mi interessa, non è questo il punto. Perché il punto è proprio un altro: non devono piacere a me, ma a qualcuno. I prodotti devono essere pensati e fatti per qualcuno, avendo un tipo di persona o un’esigenza specifica in mente. Avendo in mente una domanda non risposta, più nello specifico, a cui si risponde con un’offerta.

Quella volta lì di sei anni fa, sulla mia sedia sbilenca seduta alla scrivania troppo piccola la sfilata di prodotti che stavo guardando mi ha detto una cosa: non ci compra nessuno perché non siamo stati fatti per qualcuno. E può succedere, non è un dramma: vuole dire anzi che non c’è bisogno di indagare oltre. Abbiamo trovato il problema prima ancora di inizire a cercarlo.

Perché i clienti non comprano? Ad esempio perché gli stai chiedendo troppo: ma chi ti conosce, ma cosa vuoi.

Altre volte i clienti non comprano perché gli stai chiedendo troppo

Poi però ci sono tutte quelle volte in cui il problema non è così evidente, va cercato. Il prodotto in teoria dovrebbe funzionare perché risponde a una domanda, il lavoro sul target è stato fatto, il prezzo funziona, la promozione procede a suon di sponsorizzate a canali unificati. Perché i clienti non comprano, dannazione?

Il primo passo che facciamo noi davanti in una situazione del genere è: «ok, vediamo di capire cosa gli stai chiedendo». Succede spesso infatti che quello che chiediamo ai clienti è troppo impegnativo e loro non se la sentono ancora di darci corda. Ad esempio vi sarà capitato di entrare da un parrucchiere che non vi conosce. Siete lì per la prima volta in vita vostra, siete entrati per una spuntatina al volo. E lui inizia a parlare di come la vostra base sia ottima per un balayage, vi mostra la cartella dei colori, si potrebbe andare su un freddo ramato, fare un contouring per incorniciare e addolcire il volto. Un unico pensiero vi si forma in testa: ma chi ti conosce, ma cosa vuoi. Mai. Più.

Vale lo stesso per tutte le forme di promozione, ad esempio l’advertising su Instagram o su Facebook. Tu magari chiedi di comprare un divano tre posti in pelle o di partecipare a un corso in offerta, ma dall’altra parte ci sono persone che non ti hanno mai sentito nominare prima e che non hanno alcuna intenzione di spendere i loro soldi nel divano in offerta o di fidarsi di un corso tenuto da uno sconosciuto. Ma chi ti conosce, ma cosa vuoi.

Perché i clienti non comprano? Ad esempio perché gli stai chiedendo troppo: ma chi ti conosce, ma cosa vuoi.

Più in generale comunque è perché non hanno fatto il percorzo

Molti tra i nostri clienti si aspettano che tra il momento in cui un nuovo cliente li scopre e il momento in cui questo nuovo cliente compra passi pochissimo tempo. Una cosa tipo: mi scopre → compra. Questa è un’aspettativa che non tiene conto della complessità del percorso che i clienti compiono. Un percorso che non solo esiste, ma che ha anche un nome evocativo: si chiama viaggio del cliente. Oppure, come preferiamo chiamarlo noi: il percorzo.

Secondo noi non ha senso parlare di funnel – una roba che va molto tra i maschi alfa del marketing ma che ha ampiamente fatto il suo tempo. La metafora del viaggio del cliente invece – grazie McKinsey! – descrive molto bene il percorso che i clienti compiono prima di comprare qualcosa. Questo modello prevede che dopo aver scoperto la nostra attività il cliente inizi un lungo percorso di valutazione in cui raccoglie informazioni – non solo su di noi, ma anche sulla concorrenza. La fase di raccolta informazioni può durare anche molto tempo. In quest’ottica il marketing non deve fare da imbuto, ma costruire una serie di punti di contatto che accompagnano progressivamente i clienti verso l’acquisto.

Se l’immagine dell’imbuto suggerisce di fare entrare i clienti e poi grazie alla forza di gravità farli scivolare giù dritti verso l’acquisto, il modello del viaggio presuppone un percorso di scoperta, di ricerca, di valutazione. Ecco: ogni volta che formuliamo una richiesta troppo impegnativa è perché non stiamo prendendo in considerazione la complessità di questo viaggio, ma ci aspettiamo di infilare i clienti a testa in giù in un tunnel e di farli volare verso il checkout.

Che cosa succede dopo?

Per chiudere ecco un consiglio pratico su come smettere di chiedere cose troppo impegnative ai clienti e agevolarli invece in un viaggio che, si spera, li porterà a comprare. Il consiglio è questo: chiedersi sempre «che cosa succede dopo?», fino a quando non troviamo il passaggio mancante.

Ad esempio: una persona mi scopre tramite un’inserzione in cui promuovo il mio corso in offerta. Benissimo, ma non se la sente di comprare. Che cosa succede dopo? L’inserzione era su Instagram e la persona mi segue lì. Benissimo, ma che cosa succede dopo? Grazie alle Instagram Stories scopre che ho un blog, lo visita. Cosa succede dopo? Si iscrive alla newsletter per non perdere i prossimi aggiornamenti. Che cosa succede dopo? Trova un codice sconto in newsletter, riempie un carrello, lo abbandona. Che cosa succede dopo? Le arriva una mail che le ricorda che ha abbandonato il carrello.

I clienti non comprano perché probabilmente non hai pensato ai molti percorsi diversi che possono compiere e a quali azioni attivare perché questo percorso non si interrompa. Quindi la prima cosa è farsi venire un dubbio: forse gli sto chiedendo qualcosa di troppo impegnativo. La seconda è analizzare il proprio marketing chiedendosi: cosa succede dopo? E andare avanti con questa domanda fino a quando non si trova l’anello o la serie di anelli mancanti.

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