Ha senso parlare gratis a un evento?
Il senso di dare via le proprie ore (e le proprie competenze) gratis ci dovrà pur essere se continuiamo a farlo, ma ogni tanto è difficile rintracciarlo.
Questa settimana ci siamo dedicati, tra le altre cose, a preparare i nostri interventi per il Freelance Day (è un evento gratis, tutte le informazioni sono qui). E per tutta la settimana una domanda mi è ronzata in testa: che senso ha fare questi interventi? E, più in generale: ha senso parlare gratis a un evento?
Il senso del gratis
Dopo anni spesi a dirci l’un l’altro che il nostro lavoro ha un valore preciso, passati a capire come calcolare il costo orario e occasionalmente trascorsi a maledire F24 carichi come forzieri, ogni tanto ci ritroviamo a lavorare sapendo che non verremo retribuiti: verrebbe da commentare che non impariamo mai la lezione.
Il senso di dare via le proprie ore (e le proprie competenze) gratis ci dovrà pur essere se continuiamo a farlo, ma ogni tanto è difficile rintracciarlo. Ci viene incontro questo ottimo post di Barbara Pederzini: «Convegni, cosa non deve mancare». È scritto per gli organizzatori ma dà tanti elementi anche ai potenziali relatori. Ad esempio: ti hanno proposto di partecipare ma non ti pagano, quali sono gli indicatori da valutare? Potrai acquisire i dati dei partecipanti? Potrai raggiungere un pubblico di tuo interesse? Babepi’s got you.
Qual è il ritorno
I vantaggi che l’evento ti offre non bastano, ci devono essere anche ragioni interne, che nella migliore delle ipotesi vanno stabilite prima di accettare (o alla peggio prima di intervenire). Mi riferisco in questo caso a numeri crudi, messi nero su bianco.
Ad esempio:
- +60 iscritti alla newsletter
- 100 download delle slide / del freebie dal sito
- prendere contatto con 3 responsabili della formazione aziendale per offrire i miei corsi
- 2 richieste di preventivo
Avere chiari questi numeri serve a due cose:
- a preparare un intervento funzionale al risultato desiderato. Ad esempio se voglio offrire formazione in azienda non solo mi presenterò mettendo in luce questa parte del mio lavoro, ma durante tutto l’intervento farò esempi tratti dalla mia esperienza come formatore, infine saluterò dicendo che se qualcuno desidera portare questi temi nella sua azienda io sono disponibile ad approfondire.
- A valutare qual è stato il ritorno. Ad esempio: gli iscritti alla newsletter vanno e vengono con regolarità, ma se dopo l’intervento vedo un picco di iscrizioni è evidente che arrivano da lì e che la mia partecipazione ha avuto un senso.
L’obiettivo in breve
Volendo allargare lo sguardo, ha senso parlare gratis a un evento se sai qual è il tuo posizionamento e vuoi che lo sappiano anche gli altri. Esempi di posizionamento:
- Sono un’illustratrice che lavora con il tema della sostenibilità ambientale.
- Sono una psicoterapeuta che si occupa di ciclicità femminile.
- Offro corsi di organizzazione per chi è stufo di avere giornate sfiancanti.
L’obiettivo, in breve, è essere ricordato come «quello lì che». Un obiettivo che si raggiunge solo se hai chiaro, tu per primo, cos’è che fai di preciso.
La differenza tra uno speech e un corso
È questo che differenzia uno speech da un corso: se l’obiettivo dello speech è lasciare un segno, quello del corso è consegnare un universo – il che lo rende tutt’altro che gratis.
Questo non vuol dire che un buono speech è privo di contenuti; il suo valore sta nell’offrire contenuti selezionati, nell’avere una voce chiara che offre una prospettiva netta sulla complessità – che non viene esclusa, ma affrontata di netto, come un coltello caldo affondato in una torta gelato.
Lo speech non è esauriente, è pregno delle opinioni di chi lo tiene e lascia un messaggio solo, frutto della visione del relatore. Un buono speech ti guida in un problema e poi ti consegna la sua soluzione, senza perdersi in eccezioni e cavilli. È fatto di poche parole importanti che rischiarano il cielo: prima era coperto, ora passa un po’ di luce, ci vedi meglio, ti senti alleggerito e scaldato.
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