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Enrica Crivello

È giusto fare lavori che non sai fare?

Saper fare per sé non significa poter fare per altri

C’è una cosa su cui discutiamo in continuazione durante le pause pranzo in ufficio: quanto è lecito fare da sé? Quand’è che bisogna farsi da parte e delegare a un professionista? Quando ci si può definire professionisti in qualcosa?

Il discorso ci è ritornato in mente questa settimana, mentre – lavorando alla nostra fanzine – veleggiavamo nel regno del DIY (do it yourself, che vuol dire fai da te). Lo so, sono un sacco di informazioni tutte insieme. Se siete confusi riguardo alle fanzine c’è il vlog di questa settimana che racconta tutto a partire dal minuto 7. Volendo c’è anche bel un libro per approfondire: Fanzines, the DIY revolution. Visto che ci siamo: il video parla anche di come fare una GIF – le GIF tornano sempre utili – dal minuto 3:17.

Per quanto riguarda le questioni etiche scriviamo che è più facile. La domanda da un milione di dollari è: è giusto fare lavori che non sai fare?

I disonesti sono un altro discorso

La risposta breve è no. Fare lavori che non sai fare non è giusto, è disonesto spacciarsi per ciò che non si è. Sembra di dire cose ovvie, ma (specialmente in questo momento) non lo sono affatto: ovunque ti giri ci sono esperti autoproclamati che vendono soluzioni a problemi che non sapevi di avere.

Il format lo conosciamo tutti: un tizio vestito elegante si fa una foto davanti a una Ferrari (sua o parcheggiata lì per caso?) e la pubblica insieme a un testo che recita «ti svelerò i segreti del marketing, seguimi anche tu per fatturare milioni». Poi lo segui e lo segui, ma i milioni invece di entrare, a forza di seguirlo, escono. E i segreti che doveva svelarti tardano ad essere svelati, oppure sono impossibili da applicare. Insomma: non sa fare il lavoro che ti aveva promesso di saper fare.

Non è per forza un tizio elegante e non è per forza una Ferrari, talvolta è una tizia che guarda l’orizzonte dalla (sua?) terrazza a Bali. Ma la sostanza non cambia: ovunque ti giri c’è qualcuno che si proclama CEO di qualcosa, che vanta numeri enormi e capacità miracolose. Hanno costruito la loro attività da zero e l’hanno portata al successo, ti insegneranno come fare, basta che segui i loro passi.

E questo non c’entra con il discorso che volevamo fare, qui si tratta di disonesti che vendono fumo, che è tutta un’altra storia – ma per chiarire ogni dubbio quest’altra storia andava almeno nominata.

Quello che fai per lavoro non è quello che fai di lavoro

La cosa attorno a cui ci arrovelliamo spesso, dicevo, è un’altra. Una zona grigia fatta di chi ogni giorno per lavoro fa mille e più lavori, e a un certo punto si crea una certa confusione su quale sia, realmente, il suo lavoro.

Ad esempio: mettiamo che fai il grafico e che sei bravissimo a gestire la tua contabilità. Sei un mostro di bravura, i tuoi colleghi se ne accorgono, quindi a un certo punto ti iniziano a chiedere se puoi insegnarli a gestire anche la loro contabilità o farlo direttamente tu al posto loro. È giusto accettare?

C’è chi dice sì: i risultati dimostrano che sei bravo, quindi sei titolato a farlo. C’è chi dice di no: i tuoi colleghi potrebbero avere esigenze a cui la tua esperienza limitata non ti permette di rispondere, quindi devi attenerti al lavoro che sai fare.

Dovendo scegliere, noi siamo dalla parte del no. E quando dico «dovendo» intendo dire che letteralmente ogni giorno dobbiamo decidere da che parte siamo, perché ci chiedono spesso di girare e montare video per altri. Rispondiamo sempre di no: perché è vero che facciamo video per lavoro praticamente tutti i giorni, ma non facciamo video di lavoro. La differenza tra queste due cose è enorme e fondamentale.

«Eh ma state lasciando dei soldi sul tavolo», «se vi occupaste anche di girare i video offrireste un servizio più completo», «dai, solo per questa volta» ci viene risposto. Ma noi continuiamo a dire di no, perché di lavoro facciamo Guido, e non vogliamo trovarci nella posizione più pericolosa che c’è: quella di chi vende ad altri un lavoro che sa fare solo per sé.

Saper fare per sé non significa poter fare per altri

I video sono solo la punta dell’iceberg, perché negli ultimi tre anni di cose fatte per lavoro che però non c’entrano niente con quello che facciamo di lavoro ce n’è una montagna. Scusateci se saremo un po’ autoreferenziali. Non è un modo per menarcela, è che gli esempi migliori vengono dall’esperienza diretta.

Abbiamo preso un ufficio, l’abbiamo sistemato e convinto un po’ di persone a affittare una scrivania da noi. Facciamo anche foto, almeno una al giorno, e le pubblichiamo su Instagram. Passiamo la giornata a scrivere: script dei video, articoli del blog, didascalie per le foto, sales page. A gennaio abbiamo fatto uscire la prima stagione del podcast. E ovviamente adesso stiamo progettando una fanzine.

Il punto è che tutti questi sono strumenti al servizio del nostro lavoro: che è insegnare il marketing online a chi lavora in proprio. Affittare l’ufficio serve a renderlo economicamente sostenibile. Ma non è il nostro lavoro, non siamo interior designer né gestiamo un coworking. I video, le fotografie, il podcast e la fanzine sono strumenti di comunicazione. Ma non sono il nostro lavoro, non siamo video editor né fotografi, non siamo tecnici del suono né illustratori o impaginatori. Scrivere è fondamentale, senza non saremmo qui adesso. Ma non è il nostro lavoro, non siamo copywriter.

Le cose che facciamo per lavoro finora ci sono riuscite abbastanza bene, ma ci sono riuscite abbastanza bene perché le stavamo facendo per noi, consapevoli dei nostri obiettivi e dei nostri limiti, facendo il più possibile di necessità virtù e sapendo di poter cambiare, lasciar perdere oppure rimandare in qualsiasi momento. E questo è esattamente il motivo per cui continuiamo a dire di no e a non vendere queste competenze ad altri. Perché sappiamo usarle per fare quello che serve a noi, non quello che serve ad altri.

La differenza tra fare una cosa di lavoro e fare una cosa per lavoro, tra il lavoro che vendi e il lavoro che fai è tutta qui. Il lavoro che vendi lo sai fare per tutti i tuoi clienti, sai adattarti alle loro esigenze, metterti al loro servizio, tenerti in disparte e usare le tue capacità per realizzare una visione anche molto diversa dalla tua. Il lavoro che fai lo sai fare in un modo solo: il modo in cui lo fai per te. E non è abbastanza per pensare di venderlo.

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