Come facciamo a fare tutto?
Cinque cose che facciamo per migliorare la nostra produttività
Questa domanda ci è stata fatta diverse volte: come fate a fare tutto quello che fate e nel frattempo avere anche una vita privata?
La risposta breve è che forse facciamo tanto, ma non in senso letterale: le nostre giornate sono fatte di un numero davvero basso di cose significative, come si vede in questo video. Per avere delle giornate così scarne – e il più possibile significative – diciamo continuamente di no.
Questo post raccoglie le cose che per noi funzionano in termini di produttività. Non è detto che siano valide per altri, ma di sicuro da quando le mettiamo in pratica non ci è più successo di sentirci criceti dentro la ruota, di lavorare sempre avendo l’impressione di non andare da nessuna parte.
Giornate corte
A volte le nostre giornate lavorative durano tre ore. Sarebbe figo dire che abbiamo scelto questi orari serrati e che li rispettiamo perché abbiamo una grande autodisciplina, ma la verità è che sono arrivati due anni fa come effetto collaterale della nascita di Cecilia. Prima lavoravamo sempre, adesso oltre ad avere un giorno libero a testa a settimana, a turni usciamo dall’ufficio alle 16. Fa impressione pensare che le nostre ore di lavoro siano diventate così poche e che nel frattempo la nostra produttività sia salita alle stelle – se qualcuno me lo raccontasse non ci crederei.
«Avere poco tempo ti aiuta a non sprecarlo»: lo dicono tutti e da sempre. Dicono anche che l’uovo si può usare al posto dello shampoo e che la menta scaccia le zanzare, ma non per questo ho pensato di provare – mi trovo benissimo con l’Autan Tropical. Sulla questione del tempo però devo ammettere che avevano ragione. Da quando i nostri ritmi sono così rigidi non ci è più capitato di imbarcarci in progetti carini ma inutili – è sempre stata una mia specialità – o di perdere giorni a cesellare documenti più che pronti per essere inviati – ciao, Ivan. Tutto ciò che facciamo ha un senso, se non ha senso non si fa: sarebbe tempo sprecato, ed è una cosa che non ci possiamo più permettere di fare.
Deleghiamo
Dato che abbiamo poco tempo cerchiamo di usarlo in modo strategico, di non impegnarci in operazioni che possono essere delegate – la fatturazione, ad esempio. La questione della delega è un cane che si morde la coda: ha senso delegare se questo mi costringe a lavorare di più per poter pagare la persona che ora lavora per me? A questa domanda ho due risposte che si contraddicono.
La prima è che no, a volte non ha senso. Si dice spesso che delegare è sempre una buona idea perché se deleghi liberi tempo. La nostra esperienza smentisce in parte questa frase: talvolta la delega invece di liberare tempo ne occupa. Nel 2018 abbiamo delegato diversi lavori che, a conti fatti, non ci hanno portato né un risparmio di tempo (anzi, lo abbiamo sprecato in scambi di email e riunioni) né (più grave) un ritorno economico e si sono rivelati dunque cattivi investimenti. Perché la delega abbia senso bisogna individuare la persona giusta – senza fretta e fidandosi delle proprie impressioni, altrimenti diventa una ricetta per il disastro.
La seconda risposta è che ci sono volte in cui ha completamente senso delegare. Se il lavoro che vuoi affidare ad altri è ripetitivo, non ha bisogno della tua impronta personale e in più altre persone possono farlo meglio di te allora sì, la delega ha senso, perché il tempo che liberi lo potrai impegnare in lavori che grazie alla tua impronta faranno fare un salto in avanti alla tua attività. Per noi è stato cruciale delegare l’editing dei video di Guido, ad esempio.
Non siamo perfezionisti
Una grossa fetta di tempo si ricava nel momento in cui si abbraccia l’idea che «il meglio è nemico del bene» – un’altra frase fatta, che noia! La nostra priorità è sempre che le cose siano eseguite, se poi sono anche ottimamente eseguite meglio ancora. Ma il fatto che abbiano delle pecche non giustifica mai l’atto di bucare una deadline: ogni giovedì esce un video con un post, anche se quel video e quel post sono una versione imperfetta di ciò che ci eravamo immaginati.
La storia ci insegna che la costanza è più importante dell’exploit, che la perfezione non esiste, che l’intenzione di migliorarsi è la scusa più usata dai procrastinatori – che poi finiscono comunque per consegnare tutto all’ultimo senza nemmeno il tempo di una revisione. Tutte ottime ragioni per fare le cose senza troppi ripensamenti.
Aspettiamo che le idee siano mature
Questo non vuol dire che buttiamo fuori tutte le idee che ci vengono in mente. Come dicevo ci assicuriamo che ci sia molta intenzionalità nelle poche cose che riusciamo a infilare in una giornata lavorativa. Abbiamo aspettato tre anni prima di fare un podcast, perché nessuna delle idee che avevamo era convincente. A volte ci vuole un anno prima che una raccolta di Guido sia pronta per uscire, perché c’è bisogno di lasciarla decantare e di ritornarci sopra più volte a mente fresca.
Riusciamo a fare tante cose perché non abbiamo fretta di farle. Ci fidiamo del fatto che quando i tempi sono maturi i nodi si sciolgono da soli, le soluzioni si presentano alla porta, le strade si spianano e si viaggia in piacevole discesa. Non c’è alcun vantaggio a forzare meccanismi che in quel momento non vogliono collaborare.
Rispondiamo spesso «no»
Di recente ho letto un post che consigliava ai freelance di allenarsi a dire di no, e una critica a quel post che diceva «mo’ basta, bisogna anche imparare a dire di sì». Capisco che allenarsi a dire di no sia un consiglio vecchio, ma credo che ci sia ancora bisogno di darlo. Se c’è una cosa che i freelance sanno fare fin troppo bene è dire di sì – devo-fatturare-devo-fatturare – per poi ritrovarsi a fare due cose: lavorare sempre e contemporaneamente non andare da nessuna parte. So di cosa sto parlando, l’ho fatto tantissimo.
Noi diciamo di no in continuazione. Un tizio di un’agenzia ci scrive una mail vaga con una richiesta di sentirci a voce per chiarire meglio: no, dicci precisamente a cosa stavi pensando. Un cliente chiede di comprare una call su Skype anche se non è abbonato a Guido: no, va contro i nostri termini di servizio, quando li abbiamo scritti sapevamo cosa stavamo facendo, quindi saremo i primi a rispettarli. Un vecchio cliente di Ivan avrebbe un lavoro per un nuovo sito: no, Ivan non fa più il web designer. E così via, tutto il giorno.
Siamo antipatici, ce la tiriamo? Non lo so e non mi importa. Alle 16 devo uscire dall’ufficio, prendere Cecilia, mettere su la cena.
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