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Ivan Rachieli

Aumentare le visite a un blog, le basi

Non stai cercando di fare concorrenza a Salvatore Aranzulla. Hai una micro attività, usi il tuo blog per comunicarla e per parlare con il tuo pubblico: vediamo come far sì che venga letto.

Eccoci con il recap della diretta di oggi. Nella prossima parliamo di come arrivare pronti al Black Friday. Per non perderlo imposta il promemoria qui e iscriviti al canale YouTube di Enrica.

Aumentare le visite a un blog non è una questione che si risolve mettendo in pratica un paio di trucchetti, che è contemporaneamente una buona e una cattiva notizia.

La cattiva notizia (o se vogliamo: la notizia più complessa) è che per aumentare le visite a un blog serve tempo e un ecosistema intero al lavoro, cioè tanti elementi reciprocamente connessi che insieme concorrono a portare visitatori sul tuo blog. Di tutti questi elementi per ora ne affrontiamo uno: come deve essere fatto e gestito il tuo blog perché ci siano i presupposti per aumentare il traffico. Gli elementi che lasciamo fuori (advertising, presenza strategica sui social, una mailing list che funziona bene, un calendario editoriale credibile, interessante, coerente e costante) li affronteremo poco per volta nei prossimi articoli di questo blog – e iscriversi alla newsletter è il modo migliore per non perdersene nemmeno uno.

La buona notizia è che non è una questione da addetti ai lavori: ci si può mettere con calma e serenità a lavorare sul proprio blog per costruire i presupposti di cui parleremo. Come a dire: è un lavoro lungo e complesso, ma si può – e in un certo senso si deve – fare. E la lista delle cose da fare, se volete, è formata dai paragrafi di questo articolo.

Lavora con Google, non per Google

Quando si parla di aumentare il traffico su un sito la prima cosa che viene in mente è la SEO: cioè rendere un sito e i suoi contenuti appetibili per i motori di ricerca – che poi vuol dire: rendere un sito e i suoi contenuti appetibili per Google.

Ora: se hai già un blog e fino a oggi non hai scritto tenendo a mente il suo posizionamento su Google il nostro consiglio è: non iniziare a farlo così, di colpo, da un giorno all’altro. Il blog di Enrica, ad esempio – che tra l’altro ha compiuto da poco sei anni – ha dentro soprattutto articoli in cui parla di strategia, in cui analizza la visione d’insieme, in cui dà le sue opinioni, racconta le sue esperienze. C’è pochissima roba scritta con la SEO in mente, e se di punto in bianco iniziasse a pubblicare cose del tipo «Come usare i filtri di Instagram» i suoi lettori rimarrebbero spiazzati: nel migliore dei casi si chiederebbero la ragione di una svolta del genere, nel peggiore dei casi potrebbero decidere di smettere di seguirla.

Questo non vuol dire che non puoi iniziare a scrivere contenuti pensati e scritti per posizionarsi bene su Google. Inizia pure a farlo, ma senza dimenticare la conversazione che hai già iniziato con il tuo pubblico: interromperla o stravolgerla per favorire la SEO sarebbe controproducente. Aumentare il traffico su un blog non significa necessariamente compilare un foglio Excel con cinquecento keyword e poi pubblicare altrettanti articoli scritti in modo da comparire tra i risultati della ricerca per quelle keyword. Non stai cercando di fare concorrenza a Salvatore Aranzulla. Hai una micro attività, usi il tuo blog per comunicarla e per parlare con il tuo pubblico: vediamo come far sì che venga letto.

Cura i contenuti del blog

Un blog che esiste ed è attivo da qualche anno secondo me è un po’ come una casa editrice di libri. Ha la sua storia, le sue fortune, le sue fasi, i suoi autori – oppure anche uno solo uno, va benissimo – e il suo catalogo di pubblicazioni. Che è una risorsa incredibile, e che se curato e aggiornato con costanza può dare enormi soddisfazioni – in termini di traffico sul sito – nel corso del tempo.

Nuovi post: scegli temi longevi

Il post in assoluto più letto di sempre sul blog di Enrica si chiama «Quanto costa un social media manager». L’ho cercato usando una finestra di navigazione anonima e l’autocompletamento di Google: per la ricerca «social media manager quanto costa» è il primo risultato. Quattro anni e mezzo dopo essere stato pubblicato continua a portare traffico sul sito di Enrica: e quindi iscritti alla sua mailing list, che poi a volte diventano abbonati a Guido.

È un post che funziona e che vende perché risponde a un’esigenza specifica che dura nel tempo. È un post che ha avuto di sicuro grande risonanza appena pubblicato, ma che soprattutto continua ad averne ora. È un post longevo, che continua a essere attuale e interessante e a dare risultati nel tempo. Se fosse il libro di una casa editrice sarebbe un long seller: cioè il tipo di libro che le case editrici preferiscono, quelli che dopo vent’anni si vendono ancora.

Come si trovano contenuti longevi di cui scrivere? A volte ci va un po’ di fortuna. Enrica quel post l’ha scritto in un momento in cui la domanda era molto sentita. Sono passati degli anni e la domanda ha continuato a essere molto sentita, perché quanto farsi pagare è una cosa che chi inizia a fare un lavoro inevitabilmente si chiede. Magari in questo momento nel tuo settore c’è una domanda che gira, che è molto sentita e che è probabile lo resterà per un po’ di tempo: scrivi un post in risposta, non lasciarti scappare l’occasione.

Ci si può anche aiutare usando strumenti di analisi per le keyword: che di sicuro si usano per la SEO, ma che più in generale descrivono argomenti sentiti e interessanti per le persone che si occupano o vorrebbero occuparsi di un certo argomento. Più in generale è anche una questione di approccio: come aumentare gli iscritti a una newsletter è un tema longevo, la specifica funzionalità di uno specifico strumento – che potrebbe esserci o non esserci domani – non tanto.

Vecchi post: aggiornali periodicamente

Non conosco nessuno che abbia particolarmente voglia di fare la revisione dei contenuti di un blog. Che cosa significa fare la revisione dei contenuti? In breve significa mettersi lì a dire: questo articolo non ha più senso, questo va bene com’è, questo probabilmente posso aggiornarlo perché nel frattempo sono cambiate un po’ di cose.

Enrica odia farlo per il suo sito – ma la costringo – e ogni volta che ne parliamo per Guido inizia a fare l’evasiva e a dire che comunque lei certe cose «non è proprio capace a farle». Sì, certo, come no. Comunque: voglia o non voglia la revisione dei contenuti di un blog è un ottimo modo per prendersi cura del proprio catalogo, eliminare quello che non serve più e soprattutto aggiornare e rimettere in circolazione quello che invece può essere aggiornato – e quindi reso più longevo – o che anche senza essere aggiornato continua a essere attuale.

Ad esempio, dicevamo, puoi decidere di eliminare i post che non hanno più senso per la tua linea editoriale. Che non vuol dire necessariamente eliminare quello che non ti piace più o in cui non ti rispecchi, ma eliminare quello che non è più interessante per il tuo target. Per dire: sei un wedding planner e hai deciso di vendere agli italiani che vogliono andarsi a sposare all’estero? Allora forse tutti i tuoi post sul matrimonio a chilometro zero e sulla bellezza di sposarsi a pochi chilometri da casa non hanno più molto senso.

Oppure puoi aggiornare i post che nel frattempo sono diventati poco attuali. Magari sono dei tutorial e qualcosa nel frattempo è cambiato, anche solo le schermate di cui avevi fatto gli screenshot. Oppure nel frattempo hai imparato cose nuove sull’argomento, allora puoi aggiungere esempi e approfondire passaggi oppure fare un video e embeddarlo nell’articolo. Ancora: magari hai linkato a siti che non esistono più o a articoli che hanno cambiato indirizzo; i link rotti non piacciono a nessuno, quindi vanno individuati e aggiustati.

Nel frattempo puoi assicurarti che i testi siano correttamente organizzati in paragrafi, con titoli e sottotitoli. Specialmente se si tratta di contenuti lunghi: così diventano più facili da scorrere con lo sguardo alla ricerca dei passaggi interessanti. Ma al di là della lunghezza un testo organizzato in paragrafi e diviso in sezioni con titoli e sottotitoli è più facile e piacevole da leggere: i tuoi lettori saranno più felici, passeranno più tempo sul tuo sito, avranno più voglia di condividerlo e consigliarlo.

Migliora le prestazioni del sito

Le prestazioni del sito – cioè: quanto rapidamente si caricano le pagine – sono molto importanti sia per chi ti legge sia per Google. Chi ti legge non ha tempo da perdere: se il sito non si carica entro due – tre secondi è molto probabile che decida di chiudere la pagina e iniziare a fare altro. È altrettanto probabile che Google decida di penalizzarti nelle pagine dei risultati di ricerca.

Detto questo, niente panico. C’è un modo piuttosto semplice per capire quanto il tuo sito è lento e con quanta urgenza c’è bisogno di intervenire. Prendi in mano il telefono, staccati dalla rete WiFi e carica un po’ di pagine del tuo sito. Se riesci fallo anche da posti in cui magari non prende benissimo. Se le pagine impiegano così tanto tempo a caricare che mentre aspetti ti viene voglia di fare altro allora è il caso di intervenire con urgenza. Se invece hai l’impressione che tutto avvenga con naturalezza di sicuro ci sono comunque cose che puoi fare per migliorare le prestazioni del sito: ma puoi farle con un po’ più di calma.

Quali cose? Queste qui.

Scegli un hosting di buon livello

L’hosting è lo spazio web che ospita il tuo sito. Per capirci: «il server», anche se su quel server oltre al tuo sito ce ne sono probabilmente molte altre decine. Comunque: se l’hosting è scadente c’è poco da fare. È molto probabile che il tuo sito sarà lento, e l’unico modo di risolvere questo problema è cambiare hosting e sceglierne uno di buon livello. Funziona un po’ come per le foto. Se scatti una foto sfocata poi non puoi metterla a fuoco dopo, con PhotoShop: te la tieni com’è, sfocata. Per l’hosting è uguale: puoi fare tutta l’ottimizzazione che vuoi, ma se il server che ospita il tuo sito è lento non c’è modo di renderlo più veloce: o te lo tieni lento, oppure lo cambi.

Di hosting di qualità lì fuori ce ne sono decine, è impossibile conoscerli o averli provati tutti, ma faccio comunque un po’ di nomi. Se siete molto a vostro agio con cose tecniche – o avete qualcuno molto a suo agio con cose tecniche che lavora con voi Digital Ocean – che può avere un ottimo rapporto qualità prezzo. Se invece preferite non avere troppo a che fare con le questioni tecniche potete prendere in considerazione WP Engine, SiteGround oppure Flywheel. Nessuno di questi hosting costa due euro al mese come Aruba: la qualità – molto banalmente – si paga.

Riduci le dimensioni delle immagini

Le immagini sono i contenuti che influiscono di più sulle prestazioni di un sito. Se sono molte e molto pesanti – fotografi / designer / artigiani col portfolio / ecommerce: sto guardando voi – rallentano moltissimo il tempo di caricamento di una pagina.

In ogni caso rimediare a questo problema è relativamente facile: ci si munisce di pazienza e di Photoshop e si salvano le immagini in modo da evitare che pesino più di 500kb – ma 300kb è meglio – l’una. Sapere che difficilmente serve un’immagine più larga di 2000px e che il salvataggio per web a qualità 60 di Photoshop va più che bene aiuta. Volendo si possono anche usare programmi specifici per comprimere le immagini o far intervenire un web designer perché ottimizzi le dimensioni e le modalità di caricamento lavorando direttamente sul codice del sito.

Non usare cinque font contemporaneamente

Anche i font influiscono sulle prestazioni di un sito: esattamente come le immagini sono una risorsa che deve essere caricata prima di essere mostrata a chi usa il sito. Il mio suggerimento è quello di usare il minor numero di font possibili – uno di solito è più che sufficiente – e solo negli stili e nelle varianti di cui c’è davvero bisogno. Il Raleway ad esempio è uno dei font che si vede più spesso usare in giro e esiste in diciotto stili: ma è davvero molto, molto difficile che tu debba usarli tutti e diciotto sul tuo sito.

Intervenire sui font non è semplice come intervenire sulle immagini, ma di solito è una cosa che si può fare da soli. Se usi un tema di WordPress comprato – ad esempio – molto probabilmente hai un pannello di controllo per scegliere i font. Se usi un tema di WordPress sviluppato apposta per te puoi metterti d’accordo in anticipo. Se non sai da che parte iniziare la cosa da fare è sempre la stessa: chiedi a chi ti ha sviluppato il sito o al tuo web designer di fiducia.

Non installare troppi plugin

Se il tuo sito usa WordPress scegliere i plugin non è mai particolarmente facile. Capita spesso di farsi prendere la mano, di iniziare a usarli anche solo «così, per provare» o di installarli per fare cose di cui in realtà il sito non ha bisogno: tanto è gratis, che male c’è? Un plugin dopo l’altro poi ci si ritrova con un sito difficile o impossibile da aggiornare, che usa codice scritto da chissà chi, con falle di sicurezza più o meno evidenti e prestazioni scadenti: anche per colpa dei troppi plugin.

Come mai i plugin a volte rallentano un sito? Mettiamola così: è come avere una bici su cui decide di montare degli accessori. Alcuni sono utili: il seggiolino per i bimbi, il campanello, l’antifurto, il cavalletto, il cestino, le luci. Altri non servono a molto, ma sono così carini! Poi me li ha regalati mio zio: quindi non mi costano niente! E quindi via con il manubrio da Harley-Davidson, gli specchietti retrovisori, il sellino con schienale, trombe e trombette di ogni tipo, un portapacchi con bauletto incorporato, sostegni per bottiglie e borracce, bandane, targhe, nastri e chi più ne ha più ne metta. Alla fine la bici è così pesante che a stento si riesce a tenere in piedi da fermi.

Come se ne esce? Se i plugin non sono essenziali – e quelli essenziali sono davvero pochi – si possono tranquillamente disinstallare. Se invece servono ad aggiungere al sito funzionalità importanti ma tendono comunque a rallentarlo – WooCommerce, ad esempio – si può chiedere a chi ha sviluppato il sito o a un web designer di intervenire per migliorarne le prestazioni.

Tutte queste cose restano valide anche se usi una piattaforma diversa da WordPress: ognuna ha le sue estensioni, tutte condividono pregi e difetti.

Trova l’ispirazione

Well, writing equals thinking. I can’t remember who it was that said “I don’t know what I think until I start writing” but certainly for me it has always rung true.

— Euan Semple

Una cosa che non mi torna mai è questa: com’è che se si parla di scrivere e pubblicare sul proprio blog scappano tutti, se invece c’è da fare una storia su Instagram – o chi per lui, ci siamo intesi – ecco che di colpo c’è la coda che fa il giro dell’isolato. Pubblicare sul proprio blog diventa immediatamente un lavoro burocratico, al limite del ministeriale: una cosa seria e un po’ noiosa, fastidiosa ma inevitabile come andare dal dentista. Si fa perché si deve fare, ma invece fammi un po’ provare la nuova maschera per le stories di Kyle Jenner mentre faccio un face swap col mio cane.

Ne parlavamo con Enrica, ci siamo detti: probabilmente è perché il blog non ha una risposta immediata. Niente like, DM, cuoricini a dare delle belle botte di autostima a ciclo continuo. Ci sarebbero i commenti ai post: ma chi li usa più, poi? Ecco, forse la cosa che non mi torna è questa: che un blog non sia – più – considerato uno spazio creativo da abitare liberamente, ma un compitino tanto fastidioso quanto inevitabile, in cui fare tutti i seri, usare il «noi» anche se si scrive in mutande e vestaglia e in cui pubblicare frasi fatte e un po’ fritte col contatore SEO accesso e foto di stock: però belle eh.

Invece c’è spazio per inventarsi cose nuove anche sui blog, per essere creativi, inventare un proprio stile e contemporaneamente (udite udite) promuoversi. Lo fanno benissimo:

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